Le ultime stagioni di The Walking Dead ormai sono come il gatto di Schroedinger, non sai mai fino all’ultimo episodio se sono state belle o brutte e ciò dice tanto sull’andazzo che sta prendendo questa serie.
Insomma, ormai chi non ha mollato The Walking Dead o lo non lo ha fatto perché ci è affezionato o perché vorrebbe arrivare al finale, dopo tutta la strada fatta. Ma parliamoci seriamente, può mai una serie di questo calibro avere episodi piatti?
La risposta dovrebbe essere un secco no, ma differisce abbastanza dalla realtà delle ultime tre stagioni. Personalmente, TWD per me è terminato con la morte del Governatore ed è un po’ risorto con l’arrivo di Negan, ma nemmeno più di tanto.
Non siamo qui però per rivangare i tempi andati, né per considerare “Something They Need” un brutto episodio, ma sicuramente ci mostra qualcosa che sarebbe dovuto accadere qualche settimana fa e non alle porte del gran finale.
L’episodio è un po’ un mosaico di tutto quello ciò che sta accadendo nei diversi gruppi e cosa la paura di Negan li spinge a fare, questo condito con un po’ di #GirlPower.
Non veniamo lasciati a bocca asciutta e dopo una settimana di attesa scopriamo subito cosa sia successo a Sasha, dopo aver abbracciato la sua missione suicida.
Uno dei pochi toni di The Walking Dead che continua a piacermi è la sua quota rosa, il fatto che le donne siano il circuito che manda avanti la serie e che ci siano tanti aspetti diversi che possono essere d’ispirazione, non solo la donna badass che fa il maschiaccio.
Sasha infatti non è solo questo, la sua corazza è indiscussa, ma la problematicità del suo personaggio va ben oltre le “palle” di cui fa menzione anche Negan. È una donna che – se ripercorriamo brevemente la sua metamorfosi – ha trasformato la sua fragilità e dolore in forza, ma soprattutto è impavida in senso quasi negativo, come se non riuscisse più a percepire le paure come un freno, comportamento tipico di chi non ha più niente da perdere.
Questo episodio ne dà la prova, ma ne è anche l’apoteosi, lo si nota quando dopo la possibilità che Negan le dà, riesce a mente lucida a non afferrare il pugnale e ucciderlo, solo perché ha un piano migliore per riuscirci in seguito.
Come ovvio, il suo piano non si rivela poi così astuto, infatti Eugene invece di procurarle una lametta per suicidarsi, le dà una pillola. Sasha saprà sfruttare comunque questo a suo vantaggio?
Eugene potrebbe aver fornito alla sua amica la compressa che non ha voluto dare alle mogli di Negan, aprendo un possibile scenario interessante, considerando l’interesse del capo dei Saviors verso la nuova prigioniera.
Purtroppo manca un solo episodio e questa possibilità non sembra aver modo di svilupparsi, per il momento.
Intanto Gregory mette in pericolo la vita di Maggie, ma quanto può andare a fondo uno che non ha nemmeno mai approcciato un Walker in vita sua?
Passatemi la citazione, ma Stephen King diceva che nella scrittura noi abbiamo in pugno le regole di un mondo, ma anche il dovere di renderlo quantomeno verosimile. In questo gli showrunner di TWD hanno miseramente fallito. Come fa una persona in un mondo post apocalittico a non saper come far fuori uno zombie, ma soprattutto come ha fatto a sopravvivere? Questo siparietto potevano risparmiarcelo, ma appunto ormai da questa serie non si pretende più l’alto livello delle stagioni passate.
Invece per quanto riguarda Alexandria, il gruppo si dirige a Oceanside con l’intento di prendere armi e arruolare uomini per combattere i Saviors.
Fortunatamente questo episodio sfrutta la labilità delle etichette che vengono date ai personaggi: non c’è più un gruppo buono o cattivo. Cos’è la giustizia? Depredare un accampamento “pacifico” delle sue armi per il bene superiore? Mettere in pericolo le loro vite con l’intento di salvarli?
The Walking Dead non dà una vera e propria risposta, ci lascia pensare, dandoci la possibilità di scegliere e regalandoci una sorta di risposta da parte di Carl. Lui dice di pensare alle persone che ha ucciso, ma anche a quelle che ha lasciato sopravvivere. Si tratta di una risposta molto dura, da parte di un adolescente, una visione abbastanza grigia, dove nel corpo di una persona possono soggiornare due anime, quella compassionevole, ma anche quella crudele.
Il finale risulta sicuramente interessante, Rosita e Jesus sembrano aver catturato Dwight, ma la realtà è ben differente, è lui che si rivolge al gruppo, perché sembra volerli aiutare.
Un cliffhanger che fa ben sperare, ma non riesce ancora a farci tirare le somme sul possibile finale.
E con questo facciamo un conto alla rovescia per il gran finale, lasciandovi il promo e ricordandovi di visitare la pagina Norman Reedus Italia